28 luglio. Da: I Quaderni del 1943 di Maria Valtorta

28 luglio 1943.

 

Dice Gesù:

«Non è molto tempo che ti ho detto[1] di aiutarmi a salvarli, i colpevoli dell’ultimo peccato. Ma tu non hai capito quanto volevo dire. Hai pregato.

Mi basta questo perché, in verità, necessita solo  a Me di capire tutto. Ma per voi, figli miei, non è necessaria la rivelazione assoluta. Tutto quanto vi dico è un dono al quale non avete diritto, un dono spontaneo del Padre ai suoi più cari, perché   è  caro  al  mio  Cuore  farvi  le  mie  confidenze,  prendervi  per  mano  ed introdurvi nel segreto del Re. Ma non dovete pretenderlo. È tanto bello essere confidenti di un Dio, ma è anche tanto bello e santo essere figliolini, tutti e ciecamente abbandonati al Padre che agisce di suo proprio e i figli si lasciano condurre senza voler sapere dove il Padre li conduce.

State sicuri, o figli, Io vi guido su vie di Bene. Il vostro Padre non vuole che il vostro bene.

Sia i confidenti che i fidenti ci vogliono per la gioia del mio Cuore, ed è somma perfezione essere, poi, “confidenti‑fidenti”. Allora siete discepoli, già capaci di agire in nome del Maestro, e pargoli che si lasciano condurre dal Padre. Siete, allora, il mio conforto e la mia letizia.

In un mondo quale è il vostro è così difficile per Me trovare anime di discepoli! Ed è ancora più difficile trovare, anche nei pargoli, anime di pargoli! Vi ha tanto corrotti il fiato della Bestia che ha ucciso la semplicità, la fiducia,  l’innocenza, nella quale Io mi riposavo, anche nelle anime dei bimbi.

Ieri non ti ho detto nulla, Maria, e tu eri smarrita come uno che ha perduto la via. Ma Io sono non solo il tuo Maestro, sono il tuo Medico e medico non soltanto dello spirito, ma anche della tua carne. Ho visto, ieri, che eri troppo stanca e ho taciuto, serbando ad oggi tante parole per te. Non voglio che il mio piccolo portavoce si spezzi nello sforzo superiore alle sue forze. Oggi parlo per ieri e per oggi.

Tu hai pregato, offerto e sofferto secondo il mio desiderio di impedire il compiersi dell’ultima colpa. E vi sei riuscita, per quanto tu pensassi una cosa e in realtà “l’ultima colpa” fosse un’altra. Avevo ispirato nelle anime migliori molti desideri di pregare e soffrire per questo scopo, perché vi era bisogno di molto, molto, molto sforzo per vincere il pericolo. E vi è bisogno tuttora di molto, molto, molto sforzo per condurre a termine la cosa senza degenerazioni peggiori del primo male.

Ieri, unico segno del mio essere con te per esserti Luce e Voce, è stato il guidarti la mano nell’aprire il Libro alle pagine che a distanza di secoli  parlano di ora. Le leggeremo insieme ed Io te le commenterò. Ma, da ieri, hai capito che in esse era “l’oggi”.

È stato impedito un grande male, Maria, un grande male. Ho avuto pietà di voi, popolo che avete Roma cristiana per cuore. Però, ora più che mai, bisogna molto pregare e soffrire, Maria, e fare pregare, e soffrire, se fosse possibile ‑ ma è più difficile perché gli eroi della sofferenza sono molto pochi ‑ perché il “grande male” debellato non germogli, come pianta maligna, in mille piccoli mali che finirebbero per formare un bosco maledetto in cui tutti perireste con orrore non immaginabile.

Ho avuto pietà di voi. Ma guai se, a questa pietà strappata alla Giustizia, per l’istanza delle preghiere mie, di mia Madre, dei Protettori, e delle vittime, voi, o popolo mio, rispondeste con azioni che vi farebbero demeritare la mia grazia. Guai se alla unica grande “autoidolatria” succedesse la piccola e numerosa “autoidolatria”!

Uno solo è Dio, e sono lo, e non vi è[2] altro Dio all’infuori di Me. Questo va ricordato. Dio è paziente, ma non è, nella sua infinita pazienza, colpevole verso Se stesso. E colpevole sarebbe se spingesse la sua pazienza, nel non intervenire a dire: “Basta”, sino ad una indifferenza verso il rispetto di Se stesso.

Per un idolo caduto non innalzate tanti idoletti, tutti ornati degli stessi segni satanici di lussuria, superbia, frode, prepotenza e simili.

Se sarete buoni vi salverò sino in fondo. Ve lo prometto, ed è promessa di un Dio. E, nella mia Intelligenza a cui nulla è occulto ‑ anche il più segreto dei delitti, anche il più insignificante dei moti umani ‑ non pretendo che tutto un popolo sia perfetto. So che se dovessi premiarvi quando tutti aveste raggiunto la Bontà non vi premierei mai, ma intendo che se è inevitabile che qualcuno pecchi, la massa sia tale da imporre ai Capi una condotta degna del mio premio. Poiché, ricordatelo sempre[3], i Capi compiono i Peccati, ma è la massa che, coi suoi peccati minori, porta i Capi al grande Peccare.

E per ora basta, anima mia. Più tardi rileggeremo insieme Isaia e, come nella sinagoga e nel Tempio, Io te lo commenterò.»


[1] Nel dettato del 24 luglio.

[2] è è aggiunto da noi

[3] Già nel dettato del 24 luglio.

 

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